Le poche immagini del film “La linea sottile” di Paola Sangiovanni e di Nina Mimica suscitano emozioni forti e riflessioni dure.

Auguriamo a questo lavoro presentato al festival di Torino tutto il successo possibile perché le persone e le immagini rimandano a due grandi tragedie, Bosnia e Somalia, di questi ultimi decenni. Immagini forti come è forte il contenuto di questo libro che non tratta solo di storia o di diritto. Naturalmente anche di questo e in modo ineccepibile ma questo è soprattutto (come scritto ha I. Peretti)  un libro appassionato dove storia e diritto sono intessuti di emozioni e sentimenti forti di sofferenza e patimenti delle vittime e delle sopravvissute che hanno nomi precisi come pudore, vergogna, senso di colpa e silenzio, dolore quotidiano e depressione, malattie e maternità forzate, suicidi e esclusione dalla propria comunità, devastazione dei familiari e della comunità stessa, infanticidi e abbandoni.

Ma i sentimenti sono anche di chi ha commesso il crimine e che nasconde la propria violenza e pre-potenza come valore guerresco, onore virile, uomini fuori legge che, per rafforzare la legge della vendetta o del potere patriarcale e militare del più forte, devastano gli inermi riducendoli a cose da scartare come merce avariata.

Sentimenti, se così si possono chiamare, di chi ha ordinato questa barbarie, acconsentito o sottovalutato, rappresentato o nascosto questa violenza maschile.

Ci sono però anche i sentimenti e le passioni umane, culturali e politiche in senso positivo, anche se doloroso, di tante donne e di nuovi studiosi che non solo hanno scritto analizzando e mettendo in evidenza le ragioni e le funzioni che la violenza maschile, senza confini geografici storici e culturali, svolge nella guerra e che portano a forme disumane un potere che in questo si esprime. Un potere che, anche se in forme e con intensità diverse, si manifesta anche in tempo di pace.

Lo stupro di guerra è un fenomeno secolare ma di straordinaria modernità,  attuale come i saggi sulle donne curde,  o quelli sulla Nigeria o sulla Palestina di oggi dimostrano in modo terribile.

Affrontare questi temi e rianalizzare momenti storici diversi in luoghi diversi ci porta davanti a tragedie sempre uguali e ha rappresentato un grande impegno e una grande fatica  di cui  tutti gli autori e le autrici si sono fatti carico con un peso significativo  di sofferenza psicologico e culturale. Tutti e tutte lo hanno affrontato con senso di responsabilità politica verso un presente complicato ed oscuro in cui sentimenti di rimozione, “innocenza” e di autoassoluzione sembrano prevalere (anche dentro e intorno alla giornata contro la violenza maschile contro le donne del 25 novembre) in cui tutti parlano e deprecano la violenza di genere e  contro cui raramente agiscono in modo incisivo rispetto alla violenza familiare e a femminicidi quasi quotidiani e tanto meno rispetto ai femminicidi che accompagnano e sono parte fondante delle guerre. Di ogni guerra!

Oggi in cui i paesi in guerra sono decine e decine (vedi elenco puntigliosamente proposto dal saggio di Simona La Rocca e dall’introduzione di Isabella Peretti) e venti di guerra spirano, dopo l’ignobile attacco dell’Isis, da Parigi su tutti i paesi e le società per combattere un nemico che dell’inferiorità delle donne, prima ancora che degli “infedeli”, ha fatto uno dei suoi capisaldi e dogmi fondanti. Dogma condiviso peraltro da tanti paesi che lo combattano, come l’Arabia saudita, la Turchia di Erdogan o lran….ecc. per non parlare di noi e di chi parla di guerra senza storia e senza memoria pronunciando questa parola con leggerezza e rappresentandola come una speranza salvifica. Sentiamo infatti parole e proposte bellicistiche come se ancora una volta fossero la soluzione catartica per persone impaurite che vedono il loro mondo in pace affrontato con violenza “vigliacca” (vero!) per cui deve difendersi con i bombardamenti aerei perché “innocente” ( cosa non vera! soprattutto per  governi, stati e produttori di armi  parte del sistema economico attaccato).

Certo noi oggi siamo di fronte a qualcosa di nuovo ma anche di profondamente antico. Un clima che certo non potevamo immaginare così grave quando abbiamo deciso di presentare questo libro per parlare insieme di stupri di guerra e di stupri in operazioni di peacekeeping, come raccontano i contributi del libro stesso in modo documentato.

Un ringraziamento speciale va a Simona La Rocca senza il cui impegno tutto questo non sarebbe stato possibile nonostante o forse proprio grazie al tormento che l’ha portata ad affrontare con il progetto “Oltre la linea Gustav” (in cui nel 2014 ci ha immediatamente coinvolto)  un lavoro collettivo  sulla memoria storica in un territorio devastato da guerra e stupri di massa 70 anni fa.

Un ringraziamento a Isabella Peretti senza la cui ferrea determinazione nel fare della Collana Sessismo e Razzismo uno straordinario strumento di confronto, conoscenza e iniziativa politica non saremmo qui.

Ringraziamo anche, Elisabetta Rosi magistrata della Cassazione e Ugo Melchionda Presidente di Idos, che hanno accettato di affrontare con noi questo tema complesso e multiforme.

Che questo incontro avvenga oggi, nella nuova sede di Udi nazionale e del suo Archivio centrale da poco riordinato, è per noi motivo di orgoglio non solo perché ci ricorda M. Maddalena Rossi e il suo coraggio di avere, per prima, come parlamentare e presidente dell’Udi, posto il problema degli stupri di guerra nel nuovo parlamento italiano, ma perché ci consente di  ricordare tutte le donne del Cassinate che furono vittime delle truppe alleate e che furono in grado di sopravvivere e di reagire anche grazie a tante donne “comuni”, verrebbe da dire. 

In realtà erano donne tutto meno che comuni e condivido la diffidenza di Anna Bravo per questo termine che rende banali donne coraggiose e straordinarie che provarono a costruire con loro dialogo e solidarietà. Forse, per citare ancora Anna Bravo, quando la storia non sarà più esaltazione e racconto di guerra, di politiche di morte e di eroi, ma di azioni e politiche atte a curare e conservare la vita umana avremo fatto un passo avanti. 

dall’alto  da sinistra a destra: Giusi Ambrosio, Vittoria Tola, Chiara Valentini, Isabella Peretti, Annamaria Rivera, Valentina Muià; in basso: Patrizia Cecconi, Laura Fano, Simona La Rocca, Nicolette Mandarano.

La foto di gruppo di alcune delle autrici: dall’alto  da sinistra a destra: Giusi Ambrosio, Vittoria Tola, Chiara Valentini, Isabella Peretti, Annamaria Rivera, Valentina Muià; in basso: Patrizia Cecconi, Laura Fano, Simona La Rocca, Nicolette Mandarano. Per dare un volto alle autrici e ai nostri saggi.

Segue il video di intervento di Luciana Romoli

Luciana Romoli è intervenuta solo alla fine della presentazione, nella sede nazionale dell’UDI, del libro Stupri di guerra e violenze di genere, venerdì 20 novembre scorso.

In questo breve resoconto iniziamo invece da lei, da come ha raccontato di quando nei primi anni 50, insieme alla deputata e Presidente dell’UDI Maria Maddalena Rossi, andava dalle donne della Ciociaria, e loro avevano paura di parlare, lo stupro subìto era tabù, era vergogna, erano lacrime nascoste;  e poi invece queste stesse donne le cercavano, Maria Maddalena e Luciana, per farsi aiutare ad avere un “risarcimento di guerra”, un medico per le infezioni e le malattie, un’assistenza da donna a donna. Ma conviene vederlo e ascoltarlo il video dell’intervento di Luciana, appassionata come le belle persone che la ascoltavano nella saletta dell’UDI, appassionata come questo libro, in cui il pathos sta non solo nei racconti delle donne bosniache stuprate da chi era prima un tranquillo vicino di casa, o delle donne del Kashmir che sfidano l’impunità dei militari, o delle donne ruandesi, somale,nigeriane, curde… , ma anche nella ricostruzione storico-giuridica seconda la quale, dalle donne considerate bottino di guerra o dallo stupro considerato come semplice danno collaterale, oppure offesa non tanto alle donne quanto all’onore della comunità, finalmente,  ma solo dopo le guerre nella ex Jugoslavia e in Rwanda, il reato viene definito come crimine contro l’umanità dai Tribunali ed dalla Corte penale internazionali. E che di passione civile si tratti ce l’ha dimostrato proprio una magistrata, Elisabetta Rosi, che invitata e parlare del libro, ci ha raccontato di tutti i limiti giuridici attuali, che persistono nel poter collocare il singolo reato  in un contesto più ampio di criminalità di violenza e di guerra.

 

C’è da imparare, dai saggi storici, giuridici,sociologici, di questo libro, perché non tutto è conosciuto di questa tragedia, di queste tragedie sconvolgenti che perdurano: lo ha detto Elisabetta Rosi, lo ha detto Annamaria Rivera, autrice della prefazione e della denuncia contro gli stupri perpetrati anche dalle forze militari di peacekeeping.

 

Ugo Melchionda (Presidente Idos, Dossier statistico immigrazione), un altro dei  nostri interlocutori, è rimasto molto colpito dall’elenco impressionante degli orrori, dei casi nazionali in cui sono avvenuti stupri di guerra con caratteristiche di massa, ben 41 durante e dopo la seconda guerra mondiale; l’elenco, ricostruito nel saggio di Marcello Flores, è purtroppo una lista sempre aperta a nuovi casi. Così come il numero di più di trenta guerre oggi  in corso, 549 milizie armate, cartelli della droga, truppe indipendentiste (lo riporta il saggio di Simona La Rocca, curatrice del libro). Il che significa ancora profughi, ancora violenze e stupri: eh sì, perché lo stupro di massa è legato indissolubilmente alle guerre e al patriarcato:  è un’arma di guerra per annientare le donne del nemico e con esse il nemico o l’ “etnia” considerata nemica.

Ne hanno parlato Giusi Ambrosio e Patrizia Cecconi, autrici dei saggi sulla Palestina, ma è tutto il libro che si fonda su questo legame; bisogna leggerlo per capirne tutti i risvolti, culturali, sociali, psicologici. 

Diversi i casi nazionali, diverse le modalità di esercizio del potere contro le donne nei conflitti armati, diverse le reazioni delle donne stesse, ma appunto, un unico grande

denominatore comune. Ne hanno discusso Ugo Melchionda e Annamaria Rivera, ma tutte noi presenti  ne eravamo coinvolte.

Questo breve resoconto è un invito a leggere, magari un po’ alla volta, tutti i 26 Saggi del libro; un invito ad organizzare presentazioni pubbliche, magari con letture di alcuni brani particolarmente toccanti, magari con la proiezione del video dell’intervento di Luciana Romoli, o della clip del film La linea sottile di Paola Sangiovanni, che è intervenuta all’incontro.

Lo ha detto, introducendo il dibattito, Vittoria Tola, responsabile nazionale UDI, organizzatrice, insieme alla collana sessismoerazzismo, dell’iniziativa, nonché autrice del saggio Le ‘marocchinate’e il silenzio istituzionale, nonché mia antica amica.

 

Isabella Peretti

 

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