Senza salute non c'è didattica di qualità né apprendimento! Priorità a insegnanti e studenti. Lettera aperta a tutti coloro che hanno a cuore la scuola e che hanno potere di cambiare.

Sono una attivista politica, una femminista, una donna impegnata nella comunità. E sono anche una mamma. Sono figlia di insegnanti e da qualche anno sono tornata a frequentare le scuole come formatrice su tematiche come il contrasto agli stereotipi, alla violenza e alle discriminazioni di genere. Per mia figlia e per i suoi compagni ho scelto di impegnarmi anche negli organi collegiali di istituto.

Vi scrivo perché sento il bisogno di confrontarmi, ma anche di segnalare alcuni aspetti che riguardano il complesso universo della scuola che a mio avviso non sono stati evidenziati sufficientemente. La scuola ha riaperto in presenza, anche se superiori e ora parte delle medie sono già passate alla didattica a distanza. Come genitori abbiamo tutti sperato che le condizioni pandemiche non arrivassero ai numeri e alla situazione attuale, specialmente a Milano, città in cui vivo.

Abbiamo sperato che si potesse ricominciare ad avere un minimo di regolarità, anche se con comportamenti diversi e adeguati alla fase. Qualcosa non è andata nel verso sperato, i protocolli si sono dimostrati abbastanza fragili e inadeguati, la scuola avrebbe dovuto avere un sistema esterno di protezione multidisciplinare e multidimensionale, una sorta di paracadute, che avrebbe dovuto evitare di veder crollare subito il tracciamento, l'assistenza, la diagnostica, con ritardi e difficoltà crescenti.

Il fatto di aver poi definito delle regole dalle maglie larghe non ha aiutato: aver stabilito che per rientrare in comunità erano sufficienti 14 giorni di quarantena senza tampone o certificazione medica, purché asintomatici, oppure 10 giorni con tampone, eseguito il decimo giorno, ha probabilmente generato dei problemi, perché sappiamo che nelle fasce più giovani della popolazione il Covid19 ha spesso una forma asintomatica. Così rischiamo di non vedere la parte dell'iceberg sommersa.

Si è scelto di alleggerire il sistema diagnostico a scapito di una reale verifica della diffusione dell'infezione.

Addirittura, apprendiamo che a Milano non si faranno più tamponi ai contatti stretti di positivi. Non avviando azioni di test massivi periodici sulla popolazione scolastica ci si è fermati a registrare il visibile, il sintomatico. Si è preferito altresì non effettuare nessun controllo stringente sui familiari degli studenti sottoposti a quarantena per contatto con positivo.

I risultati? Tutti si sono sentiti liberi di uscire e fare una vita normale, anche coloro che erano in quarantena.
Tanto è vero che la dirigente della scuola di mia figlia ha dovuto fare una circolare ad hoc per spiegare per l'ennesima volta che chi è in quarantena non deve uscire di casa.
L'idea dell'autocertificazione adottata in molte scuole per giustificare le assenze pari o superiori ai tre giorni ha poi generato ulteriori sottovalutazioni.

Da tutta Italia apprendiamo giorno dopo giorno come affidarci al senso di responsabilità e del rispetto delle regole del cittadino non sempre è una buona idea, perché alcuni, in piena pandemia come in tempi normali, non sono dotati di senso civico. Ma il motivo della mia lettera è soprattutto un altro, riguarda la mia esperienza con le elementari, il grado che sto vivendo più da vicino (anche se alcuni aspetti possono essere utili per tutti).

Ciascun bambino sta mandando a suo modo segnali di un disagio derivante dalle condizioni e modalità attuali del fare scuola. Non possiamo generalizzare, ma nemmeno ignorarli. Dall'esterno appaiono felici di andare a scuola, lo sono, anche mia figlia lo è, canticchia ed sprizza gioia quando la mattina inizia con matematica.

Ma dei genitori attenti sono capaci di intuire la pesantezza e lo stress che in qualche modo stanno vivendo. Mal di testa, mal di pancia/difficoltà di digestione, insostenibilità derivante dal dover rimanere seduti per tante ore, con le finestre aperte per gran parte del giorno, con qualsiasi tempo.
Certo il ricambio d'aria è importantissimo, ma con una durata diversa, occorre trovare una misura. 

Anche la mancanza di attività motoria ha le sue ricadute. Non sono casi singoli, ma diffusi e frequentissimi. Anche la pediatra di mia figlia lo ha constatato, e nella sua esperienza di queste ultime settimane ha rilevato i medesimi problemi anche in scuole diverse.

Se non cambia qualcosa, certi malesseri non potranno essere risolti, si ripresenteranno, alcune nuove regole sono incompatibili con uno stile di vita sano e uno sviluppo armonico. Non avere più attività diversificate nelle modalità e contenuti, pause regolari, dover andare in bagno solo al turno della classe rendono le giornate più pesanti.

Ci sono bambini che hanno paura a chiedere di andare in bagno per bere se si dimenticano la bottiglia, molti non chiedono nemmeno più di alzarsi per buttare qualcosa nel cestino, mettono tutto in tasca. Ci sono bambini vivaci che vengono redarguiti quando manifestano la necessità di staccare dopo ore di lezione frontale, magari nel pomeriggio dopo pranzo quando sono costretti a riprendere. Non è scuola, o almeno non è la scuola che tutti noi ci auguriamo, non è assolutamente a misura di bambino.

I bambini si adeguano, ma ne va di mezzo la salute e l'apprendimento. Alle elementari, in piena pandemia, ci si aspetta che siano in grado di reggere per 8 ore come dei manichini fermi al banco, finestre aperte anche quando piove, comportamento impeccabile e attenzione massima.

Adesso si sono aggiunte le mascherine per 8 ore, non credo che la situazione migliorerà. Eppure io sono d'accordo sulla necessità della mascherina anche al banco, perché la distanza di un metro tra le rime buccali non corrisponde a sicurezza, le aule sono piccole, nella scuola di mia figlia non c'è nemmeno il posto per la cartella, che viene lasciata nel corridoio. Non prevedere l'obbligo di mascherina anche al banco, come è stato finora in tante scuole, è stato un rischio che non avremmo dovuto correre.

Non c'è più lavoro di gruppo, lavoretti creativi, tempi di recupero adeguati. Mia figlia mi racconta di compagni stanchissimi che non riescono a seguire, molti continuano a non studiare regolarmente e a rimanere indietro, ma il programma non può fermarsi, si corre. Si accelera e si sedimentano lacune.

È una scuola che limita e condiziona fortemente lo sviluppo e la crescita, il loro stesso essere bambini, il loro diritto a non vedere annullate e cancellate le peculiarità dell'infanzia. La priorità dovrebbe essere lo studente, la sua salute psicofisica, che significa preoccuparsi anche della salute collettiva, quella di insegnanti/ATA e familiari. La scuola sta inevitabilmente diventando "a singhiozzo" per via dei malesseri di cui parlavo, raffreddori, virus gastrointestinali, sospetti covid che necessitano di tampone, quarantene, carenze di organico.

Ci siamo comunque giocati tanto. Per non parlare dei genitori che mi chiamano per segnalarmi problemi, preoccupazioni, alcuni hanno familiari fragili a casa. Tutto questo si ripercuote sulla qualità dello studio. Forse ci siamo illusi di poter controllare tutto o quasi. Vista da dentro la scuola è più complessa di quanto si pensi. Le regole, gli ingressi scaglionati, che comunque non evitano gli assembramenti quando hai centinaia di bambini, le difficoltà della gestione quotidiana hanno un impatto che non possiamo tacere.

L'istruzione potrebbe avvenire anche in remoto, siamo in una pandemia, situazione eccezionale che prevede soluzioni eccezionali.
Tutto si può recuperare, ma occorre uscire dagli schemi. Non si può chiedere la scuola in presenza ad ogni costo. Al di là del rischio zero che non esiste, perché mettere a rischio in modo egoistico la salute di tutti, anche di coloro che vorrebbero optare per altre formule? Responsabilità genitoriale significa essere messi in grado di operare le scelte migliori per i propri figli, soprattutto in fasi delicate e rischiose come una pandemia.

Quando in una Regione e in una città la situazione sanitaria non è sotto controllo, è necessario che ciascuno si assuma le proprie responsabilità e possa scegliere per esempio tra didattica in presenza e in remoto. Senza tutela della salute per tutti e senza gli insegnanti non c'è scuola.

Spetta allo Stato garantire sicurezza e se non c'è deve fornire sostegni diversi.
Gli insegnanti non sono baby sitter.

Questo è il grande cortocircuito innescato da tanti genitori. Non si è capito che per fare scuola si dovevano pretendere strutture idonee, più insegnanti, educatori, orari flessibili e adeguati alla situazione, trasporti, supporto sanitario, tracciamento attivo e tamponi rapidi. Tutto questo invece non è stato chiesto, ci si è concentrati ad aprire l'involucro scuola, senza pensare al come e alla qualità della vita che riprendeva lì dentro.

In Puglia, dopo l'ultimo DPCM, il Governatore Michele Emiliano ha emanato una nuova ordinanza https://drive.google.com/file/d/12SM2fT7lDLj-dCaJUbyccx-FftveXpVo/view?fbclid=IwAR3M_G1mewifoUwfqZsbTs-1_PNWmOjG7nqeQqlKQSEPtaSKw5ssReLL440

1) Nessuno potrà essere obbligato ad andare a scuola in presenza e le eventuali assenze saranno giustificate.

2) Tutti avranno diritto a richiedere la didattica a distanza per tutelare la propria salute.

3) Le scuole dovranno dotarsi immediatamente della possibilità di fare didattica a distanza.
 

Scrive così Emiliano:
https://www.facebook.com/micheleemiliano/posts/10162682988283084

Si apre alla libertà di scelta delle famiglie, ma non si tratta di una soluzione perfetta. Perché ancora non tutela gli insegnanti, perché avrebbe dovuto essere studiata e realizzata prima che la scuola ripartisse in presenza, organizzando classi ad hoc, pensando sin da subito di chiedere ai genitori di scegliere, e non imponendo un rientro che sin da subito mostrava i suoi limiti. Così, oggi si chiede di riorganizzare a meno di due mesi dall'inizio della scuola.

Sapevamo che i problemi sarebbero arrivati, fuori dalla scuola non è stato fatto nulla o quasi per sostenere la scuola in presenza: il servizio sanitario è in grave difficoltà e il tracciamento è andato in tilt in meno di un mese. Le scuole non hanno un presidio sanitario interno, la verifica dei nuovi casi va a rilento, le autorità sanitarie decidono sulla base di valutazioni che variano da situazione per situazione, non c'è trasparenza nelle scuole su casi positivi e quarantene.

I contagi ci sono ma non esiste una condivisione della situazione reale. La sicurezza ce la siamo giocata da un pezzo, perciò al momento, specie in alcuni territori, è inutile intestardirsi, occorre chiudere per un po', permettere di raffreddare la curva dei contagi e far respirare un po' i servizi sanitari. Occorre ridurre al minimo il peso che comportano le scuole aperte in termini di tamponi, diagnostica, necessità di assistenza per Covid e tutto il resto.

Occorre garantire sicurezza e salute degli insegnanti e di tutti coloro che lavorano nella scuola. Se davvero ci teniamo all'istruzione dei nostri figli, occorre riconoscere il valore dell'insegnamento, senza docenti non c'è istruzione, non c'è scuola.

Se i genitori lavorano entrambi, lo Stato deve fornire sostegni e soluzioni adeguate al periodo pandemico e non scaricare sui lavoratori della scuola compiti e responsabilità di altri soggetti. Occorre conciliare davvero il diritto all'istruzione e alla salute, di tutti.

La scuola ha dei compiti ben precisi, che esulano dall'essere welfare al servizio del mondo del lavoro, non può essere la stampella del capitalismo. La scuola non è nata per dare ai lavoratori un luogo dove lasciare i figli quando si lavora, ma per formare, educare ed emancipare bambini e ragazzi, costruendo il loro futuro.

Io come cittadina mi aspetto che questo compito sia raggiunto e che il tempo scuola sia di qualità, sereno e a misura delle fasi di crescita di ciascun studente. Invece negli anni abbiamo svalutato e barattato questi obiettivi e il lavoro degli insegnanti.

Ed anche qualora non si voglia assolutamente ragionare sulla possibilità di dare libera scelta ai genitori su didattica in presenza o a distanza, si potrebbero cercare soluzioni diverse.

Provo a formulare un pensiero, una proposta, degli "appunti" per iniziare a pensare a modulazioni alternative della scuola. Potremmo decidere di investire maggiormente nella scuola e semplificare molti aspetti, magari correggendo elementi per andare incontro alle esigenze di tutti, in primis gli studenti.

No, non le esigenze di Confindustria, né quella dei genitori che preferiscono non cambiare nulla. Abbiamo bisogno di genitori che sappiano immaginare oltre, inventare, collaborare di più con la scuola, accompagnare i propri figli attraverso i cambiamenti e le sfide che l'attuale fase storica ci impone.

Viste le montagne russe che una scuola in pandemia deve affrontare, per alleggerire il carico quotidiano, forse si potrebbe dimezzare il tempo dedicato alla didattica, lasciando mensa e doposcuola facoltativi a discrezione delle diverse esigenze dei genitori. Per il pomeriggio si potrebbero assumere educatori/educatrici, per permettere a tutti i bambini, che restino a scuola o meno, di ridurre il tempo al banco a sole 4 ore.

Di pomeriggio si potrebbe giocare/leggere, fare i compiti di consolidamento di quanto appreso la mattina, muoversi naturalmente in sicurezza, insomma avere una gestione più leggera in questi tempi difficili. Essendo il tempo pomeridiano a scuola facoltativo, si ridurrebbero i bambini e quindi gli spazi più ampi permetterebbero maggior movimento o attività.

Ne gioverebbe anche la dose di stanchezza che comporta fare 8 ore a scuola, con l'irrigidimento attuale della vita scolastica. Sarebbe intelligente dare l'opportunità di una scuola rimodulata, che consenta a tutti di scegliere i tempi. Non si toglie nulla a chi ha bisogno di un tempo scuola lungo, ma si permette ai genitori di tornare a scegliere, soprattutto in un momento come questo. Diamo di nuovo la possibilità di scegliere e allestiamo la giornata scolastica in modo che sia in linea con le esigenze dei bambini.

Permettiamo di staccare dopo pranzo, di muoversi.

Non è assolutamente sano ciò che sta accadendo nelle scuole e dobbiamo riconoscerlo. Con formule part time di didattica si può non penalizzare l'apprendimento, permettendo di avere un pomeriggio strutturato diversamente, insegnando sin dalle elementari un metodo di studio, rendendoli autonomi nello studio, i bambini lo possono fare, lo abbiamo fatto noi in passato e non tutti avevamo necessariamente al fianco genitori che ci potessero seguire.

Questo serve sempre e permette di migliorare pian piano il proprio rendimento, le proprie capacità. Imparare a studiare non è una cosa che si apprende in un secondo, va accompagnata, costruita, ma una volta innescata è la cosa che serve di più.

Non possiamo fare attività di contatto stretto, visite ai musei ecc. ma sono sicura che introdurre formule pomeridiane facoltative con educatrici aiuterebbe i bambini ad alleggerire la loro giornata. Si impara in diversi modi, e quando si è stanchi, di pomeriggio, non so quanto si possa apprendere e reggere, soprattutto con una didattica irrigidita dalle nuove regole. Vi riporto anche un ulteriore dettaglio: non è la scuola in presenza che consente di ridurre i gap, le lacune, le differenze.

I bambini restano indietro, sta succedendo anche ora, non tutti studiano con regolarità, non tutti riescono a star dietro ai programmi. Le maestre hanno classi troppo grandi per poter lavorare come vorrebbero. Specialmente i primi anni di scuola occorre avere numeri piccoli, per poter seguire tutti.

Si potrebbe non fissarsi sullo svolgimento di tutto il programma previsto, ma lavorare per un consolidamento reale di quanto appreso, con esercizi mirati e tarati sui bambini, sulle loro potenzialità e caratteristiche, valorizzando le peculiarità di ciascuno, motivandoli passo passo.

Per questo i gruppi classe devono essere piccoli. Ci possiamo pensare, possiamo iniziare a pretendere classi con numeri diversi e modelli diversi.
Decidiamo di investire in personale e strutture.
Decidiamo di non intestardirci sul passato, anche perché sappiamo che la scuola prima del Covid non era perfetta.

D'altronde Maria Montessori era italiana e dalle sue intuizioni dovremmo ripartire, le abbiamo in gran parte accantonate, smarrite, per carenza di risorse, tagli, pochi investimenti in personale e formazione, carriere precarie e una selezione non sempre premiante le reali capacità di insegnamento.

Ci sono tante/i insegnanti e educatrici/tori di valore e appassionate/i, non irrigidiamole/i in obiettivi e regole, in una routine che le/i porta a perdere negli anni entusiasmo e motivazioni. Grazie per avermi letta sin qui. Mi piacerebbe che si lavorasse e si ragionasse in questo solco.

 

 

Foto di B Ban da Pixabay

Ritratto di Simona Sforza

Posted by Simona Sforza

Blogger, femminista e attivista politica. Pugliese trapiantata al nord. Felicemente mamma e moglie. Laureata in scienze politiche, con tesi in filosofia politica. La scrittura e le parole sono sempre state la sua passione: si occupa principalmente di questioni di genere, con particolare attenzione alle tematiche del lavoro, della salute e dei diritti.