Salvami l'anima

Una favola dei nostri giorni che ha per protagonista un peculiare gruppo di anime in cerca della felicità. Un romanzo indisciplinato, con ben pochi limiti di spazio e di tempo, che tocca il cuore del lettore. 
Questo, in sintesi, “Salvami l’anima”, la psico-favola di Serena Manfrè, giornalista e scrittrice messinese trapiantata in Spagna al suo esordio letterario.

Il libro, presentato in quattro tappe in Sicilia il mese scorso e che ora sbarca nel Lazio a Latina e Roma il 26 e 27 aprile, è illustrato da Amalia Caratozzolo ed edito dalla Casa Editrice Smasher.

 
Cos’è una psico-favola?
 
È un genere lettarario che parla di psiche e di favole, anche se non so se esiste - risponde l’autrice - Per il momento è la classificazione che io ho dato al mio libro quando mi è stato chiesto che tipo di romanzo fosse. In generale non amo catalogare, ma quando ho capito che era giunta l’ora di farlo ho scelto questa definizione. Perché “Salvami l’anima” parla di un viaggio salvifico che i suoi personaggi, terapeuti e pazienti di un centro di salute mentale, compiono perseguendo e cercando di realizzare i loro desideri, i loro sogni. Lo fanno attraverso un percorso intimo, all’interno di una cornice psicanalitica che comunque è solo uno spunto. Voglio dire che questo è il loro cammino, non il cammino. Dopo di che, siccome si tratta di un romanzo, e quindi di fiction, dentro questa fiction c’è la possibilità di un lieto fine da favola. 
 
Salvami l'anima - immagine interno
 
E c’è pure un’ambientazione favolistica...
 
Certo.  La Rocca, così si chiama il centro di salute, è un luogo magico. E in questa Rocca, che è simbolo dell’anima, si può volare su un tappeto di piume di Pavone come Aladino, si possono ammirare aiuole dai fiori immortali, si possono fermare gli orologi come nella Bella Addormentata. Perché qui il tempo è un Altro Tempo. E qui, a farla da padrone, è l’Amore con la maiuscola. E ci sono pure, ci tengo a sottolinearlo, la leggerezza, l’ironia e a volte persino la comicità come leit motiv.
 
La Rocca illustrazione
 
L’Amore, questo sconosciuto...
 
Infatti - continua Serena Manfrè - Forse oggi, nell’XXI Secolo, con il poco tempo che ci concediamo per la nostra intimità, con tutta la paura che la gente ha di amare, con tutti i conflitti che produce l’amore, parlare di questo sentimento nei termini quasi idilliaci in cui ne ho parlato io potrebbe sembrare a qualcuno un’assurda e desueta “provocazione”. In questo romanzo, infatti, uno dei messaggi-chiave è che l’Amore è una forza inesauribile in grado di aiutarci a salvare la nostra anima. Detto così può apparire infantile, idealistico, magari banale, ma non lo è.
Perché prima di tutto per stare bene dobbiamo amarci. Ci riusciamo davvero? E poi dovremmo amare e farci amare. È davvero così facile, così scontato? Io credo di no, e credo pure che senza Amore rischiamo di perderci.
L’amore, come scrive la dottoressa Mª Ángeles Jiménez, psichiatra e psicanalista autrice della prefazione, è la pazzia che ci salva dalla pazzia. Nessuno può vivere una vita soddisfacente senza Amore e il viaggio salvifico di cui ho parlato sopra passa, di fatto, anche attraverso l’Amore.
 
I personaggi di Salvami l’anima imparano ad amarsi e poi si innamorano e “guariscono” anche attraverso questo elemento che Giulia Carmen Fasolo, l’intelligente editrice della Smasher, ha definito unico marchingegno letterario e non solo letterario. 
 
I personaggi di questo romanzo sono folli e curatori di folli. Ma quanta follia c’è in Salvami l’anima?
Tutta quella necessaria a rendere questi personaggi “normali”, persone comuni. Perché io non credo che esista un confine tra la cosiddetta pazzia e la sanità mentale. Io non credo nella follia nella sua accezione psichiatrica. Credo che ciascuno di noi abbia in testa un suo mondo e che lo veda con occhi propri. L’individuo che noi definiamo pazzo è solo unico nella sua diversità, e viene definito folle sol perché la sua visione delle cose  si distanzia da quella comune. Quindi nessuno di noi è normale. In “Salvami l’anima” questo concetto è sottolineato dal fatto che coloro i quali hanno il compito di aiutare a guarire alla fine si manifestano in tutta la loro umanità, siano o no più o meno bravi nel loro mestiere. Ed è proprio in questo che risiede la forza prima della psicanalisi, dello psicanalista. Se non fosse umano con sue fragilità e limiti, se fosse un eroe o una divinità, non sarebbe né vivo né reale. E un morto o una fantasia non possono aiutare un vivo.  
 
Serena Manfre autrice del libro Salvami l'anima
 
Questo libro è un libro peculiare anche perché si tratta di un romanzo per adulti ma illustrato... e non poco illustrato: parliamo di quasi una quarantina di immagini a tutta pagina e di piccoli elementi grafici che sbucano qua e là nel testo. Perché questa scelta?
 
Posto che si tratta di una scelta coraggiosa da parte della casa editrice – i libri illustrati così tanto e così bene costano... – stiamo parlando di una favola e perciò perché non regalare anche agli adulti un libro ricco d’immagini? Da qui la decisione di illustrarlo, ma in nessun caso in modo didascalico. Si tratta di immagini per l’appunto simboliche e che non limitano l’immaginazione del lettore. In questo Amalia Caratozzolo è stata davvero brava. Ha costruito, per esempio, venti ritratti che sono volti, ma... senza esserlo.
Ciascuno di loro, al principio, è caratterizzato da un’ossessione, un sogno, una mania, a rappresentazione di una “patologia”: c’è chi ha in faccia una svastica, chi una chiave di violino, un’isolotto sperduto, la fanciulla agognata, un numero...solo raramente appaiono occhi, nasi e bocche. E alla fine della storia ecco che queste facce sono vuote: la “malattia” è sparita. Vi sono poi delle illustrazioni a tutta pagina dove appaiono il sogno, l’anima, la vita, la morte...e poi ancora i piccoli elementi grafici di cui dicevi: svastiche, cuoricini, uno spermatozoo... Dal punto di vista dell’illustrazione credo sia un piccolo capolavoro: stiamo parlando di disegni realizzati con un’antica tecnica artigianale: la xilografia. 
Che significa per te guarire, salvarsi l’anima?
Secondo me significa intraprendere un persorso scrutandosi dentro per conoscersi il più possibile, accettarsi per quanto possibile e trovare un equilibrio, il proprio, e quindi essere “felici”, per quanto, si sa, la felicità non esiste. 
 

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