La rabbia è una forma di aggressione, e come tale è socialmente condannata. Eppure questa emozione che chiamiamo “rabbia” può essere uno strumento utile per educare i nostri figli. 

Quante volte perdiamo il controllo e ci arrabbiamo in modo esagerato perché ci hanno rubato un parcheggio che avevamo visto prima noi? Oppure assumiamo atteggiamenti arroganti, in cui ci sentiamo di essere sempre dalla parte della ragione e squalifichiamo ogni scelta del prossimo? 
Quando ci succede, diciamo che siamo arrabbiati.

Cos’è la rabbia?
Possiamo trovare una diversa descrizione di “rabbia” per ognuna delle teorie psicologiche oggi conosciute, che ci evidenziano gli aspetti biologici, fisiologici e psicologici della rabbia.
E’ considerata un’emozione primaria, con dei connotati fisici caratteristici, che si presenta fin dalle primissime fasi della nostra vita.

Può, inoltre, manifestarsi in molti modi... alcuni sono decisamente evidenti come uno scoppio di collera improvviso e violento, altri sono più subdoli, come il criticare continuamente tutti, non essere mai d’accordo, prendere sempre in giro l’altro... modi più subdoli ma non meno aggressivi.

Possiamo, quindi, distinguere due modalità di esprimere la rabbia indicandoli con una metafora naturalistica: la “violenza della tigre” e la “violenza del ragno”.
Proviamo a pensare ad un ragno che tesse la sua bella tela, con molta pazienza, senza mai fermarsi... una volta finito si mette da un parte e aspetta che una povera mosca vi rimanga impigliata... poi la sta a guardare mentre cerca inutilmente di liberarsi... infine si avvicina e comincia a mangiarsela mentre è ancora viva!

Pensandoci bene non sembra meno violento di una tigre che, affamata anch’essa, in un attimo azzanna alla gola la sua preda, la uccide e poi se ne ciba!
Da una parte, fin da piccoli veniamo addestrati a non aggredire gli altri bambini. I genitori colgono i segnali della rabbia nel viso dei figli, come l’aggrottamento delle ciglia, e li scoraggiano mostrando tutto il loro disappunto.
Risultato? La nostra educazione cerca di reprimere la “violenza della tigre”, socialmente non accettata, e così facendo, la trasforma spesso in “violenza del ragno”.

Di fatto siamo di fronte a due facce della stessa medaglia: abbiamo solo lavorato sulla forma, utilizzando la vergogna, ma non abbiamo corretto assulutamente la tendenza che sta sotto alla forma.
D’altra parte, molto spesso i genitori sfogano la loro rabbia su quegli stessi figli in cui cercano di reprimerla. La sera, dopo una giornata di lavoro in cui hanno subito, per esempio, la rabbia dei loro superiori, esplodono in modo incontrollato perché il bambino non vuole mangiare la frutta, o non vuole andare a dormire, o non ha finito di fare i compiti. Offrono così un modello di adulto privo di coerenza (“a me insegni una cosa che tu non fai”) e di autocontrollo.

Come possiamo trasformare veramente la rabbia in modo positivo?

Scopriamo qualcosa di più sul meccanismo che genera in noi la rabbia...
Nei testi di psicologia si legge spesso che le emozioni non sono mai negative di per sé, ma i metodi psicologici ci insegnano solo a trovare modi più sani di esprimere la rabbia, magari ci invitano a colpire un cuscino invece del nostro vicino... ma questo che effetto ha sulla nostra naturale tendenza ad arrabbiarci?

Forse ci potrebbe essere più utile sapere che sotto la rabbia si nasconde un meccanismo complesso in cui l’azione stessa di essere arrabbiati ci procura il piacere (e non il risultato di quell’azione!).
Inoltre, associata alla rabbia, c’è sempre anche la presunzione indistruttibile di essere nel giusto. Se qualcuno ci “frega” il parcheggio, niente ci potrà dissuadere dall’idea che siamo stati assolutamente noi i primi a vedere quel posto e che ci spettava, quindi, di DIRITTO!

Un’altra caratteristica della rabbia è la sua “trasparenza”. Nessuno di noi, se ci pensiamo bene, è in grado di nasconderla o di dissimularla. Sia che si tratti di una collera esplosiva, sia che si tratti di un’aggressione più subdola, non possiamo nascondere a noi stessi e agli altri che siamo arrabbiati.
In realtà la rabbia si genera in noi solo quando il nostro desiderio viene ostacolato dal desiderio di qualcun altro che vuole annullare il nostro o assumerne il controllo. Facciamo un esempio: io ho fame, penso di comprarmi la bistecca ma quando vado dal macellaio scopro che le bistecche sono finite. Questo è un ostacolo che impedisce al mio desiderio di trovare un riempimento. Poi vedo che sul banco c’è della bella trippa fresca e risolvo il mio problema aggirando l’ostacolo. Il desiderio (fame) è soddisfatto.

Se, invece, io desidero andare a ballare e mio marito non solo odia ballare ma non sopporta nemmeno vedere me che ballo, sarà difficile che fra di noi, prima o poi, non scoppi la rabbia che questi due desideri contrapposti genera in entrambi.

Per riassumere, la rabbia:
1) si autoalimenta attraverso l'orgoglio di essere nel giusto;
2) è trasparente, cioè non possiamo nasconderla a noi stessi;
3) si genera quando il desiderio di qualcun altro impedisce il realizzarsi di un nostro desiderio.

Come trasformare la rabbia “negativa” in rabbia “positiva”?
Diventare consapevoli di come funziona e si articola il meccansimo che genera la rabbia in noi adulti, ci permette di trasformare la rabbia “negativa” in un positivo strumento educativo. Come?
Quando il vostro bambino combina qualche "marachella", mostrategli apertamente che siete arrabbiati a patto che:
1. non sfoghiate su di lui la rabbia subita da altri e di cui non è responsabile (domandiamoci: siamo in grado di distinguere la vera origine della nostra rabbia? E' possibile che sia nostro figlio l'ostacolo ad un nostro desiderio?);
2. gli spieghiate in modo chiaro e coerente il perché quello che ha combinato non era corretto rispetto alle regole "della casa" (domandiamoci: siamo in grado di rimanere sereni mentre lo facciamo? Il nostro è un compito importante e le regole non si assimilano in un giorno!);
3. siate capaci di limitare la vostra rabbia, in modo che vostro figlio possa distinguere un "prima" e un "dopo" (domandiamoci: siamo in grado di non perdere il controllo e di gestire l'intero ciclo educativo, cioè "sono arrabbiato - ti spiego i motivi - eventualmente ti punisco - ora non sono più arrabbiato"?)

In pratica, avendo il dovere di educare i nostri figli, dobbiamo imparare ad andare oltre ai nostri desideri frustrati (rabbia), evitando così di sfogare la nostra frustazione sui più piccoli.
Nel nostro ruolo di genitori adulti, allora, assumiamo un comportamento che consiste in una specie di teatrino, una recita, in cui non proviamo realmente una rabbia incontrollata verso nostro figlio, ma utilizziamo i segnali non verbali della rabbia (espressione, tono della voce, ecc...) in modo artificiale e temporaneo per richiamarlo alla regola trasgredita.
Dopo di che fra noi e lui tutto torna normale, in modo che il bambino non percepisca un ricatto di tipo affettivo.

Così facendo offriremo un modello educativo di grande valore, un vero e proprio specchio, che permetterà ai nostri figli di riconoscere anche in se stessi lo stato della rabbia e di trasformarlo, a loro volta, in uno strumento positivo per conoscersi e farsi conoscere.

 

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