Prevenire la Morte in Utero, Materna e Neonatale - il 19 Gennaio 2016 è stata presentata a Careggi la Nuova Serie di The Lancet dalla Associazione prateseCiaoLapo Onlus.

Nell'Aprile 2011 The Lancet, il prestigioso giornale che è riferimento di migliaia di medici in tutto il mondo ha pubblicato un numero speciale interamente dedicato alla morte intrauterina, con una serie di sei articoli scritti da ricercatori di tutto il mondo. La serie è stata presentata a Firenze dalla associazione pratese CiaoLapo Onlus, partner italiano del Lancet Stillbirth Series steering commitee, che ha collaborato alla realizzazione delle indagini.

Il 19 Gennaio 2016 è  uscita su The Lancet una nuova Serie, alla quale di nuovo l'associazione CiaoLapo Onlus ha partecipato come unico rappresentante dell'Italia.

La Dott.ssa Claudia Ravaldi ed il Dott. Alfredo Vannacci, medici ricercatori e fondatori di CiaoLapo Onlus hanno partecipato, unici italiani alla realizzazione della Serie "Prevenire le morti in utero evitabili" che comprende 5 articoli scritti da oltre 250 autori provenienti da 43 differenti paesi.

La ricerca pubblicata in questa serie mostra che circa 2,6 milioni di bambini nel mondo nascono morti ogni anno e sottolinea il grande impatto che questa perdita ha sulle loro famiglie, sugli operatori, sulle società e sui governi.

La dott.ssa Ravaldi, psichiatra e psicoterapeuta, fondatrice e presidente di CiaoLapo Onlus, ci spiega i 7 messaggi chiave della Serie e le loro implicazioni per le politiche sanitarie del nostro paese.

1. Ogni anno nel mondo avvengono circa 2,6 milioni di morti in utero, il 98% nei paesi a basso e medio sviluppo. In Italia il tasso di morte in utero è stabile intorno al 3 su mille, una gravidanza su 350 circa, 6 casi al giorno. La maggior parte delle morti fetali avviene nell'ultimo trimestre di gravidanza. Metà di queste rimane senza causa, anche perché i protocolli diagnostici non sono uniformi in tutte le regioni. La morte in utero ha un elevato rischio di ricorrenza, se non correttamente inquadrata.

Spiega Claudia Ravaldi "The Lancet chiede ai paesi di fare uno sforzo per azzerare il tasso di natimortalità prevenibile entro il 2030. L'Italia ha un tasso intermedio tra i paesi sviluppati (3,3 su mille, contro l'1,3 dell'Islanda) e uno dei peggiori trend di riduzione (solo 1,1% tra il 2000 e il 2015, contro ad esempio il 6,8% dell'Olanda)."

2. La morte in utero ha un impatto enorme sulle famiglie e sulla società. La morte intrauterina è una tragedia per le famiglie e può avere un serio impatto a lungo termine dal punto di vista psicologico, sociale e finanziario. Il 30% delle donne colpite da morte in utero si ammala di depressione post partum, e molti sintomi di ansia e depressione rimangono stabili anche durante la gravidanza successiva e persino dopo la nascita di un bambino sano, molto spesso a causa di un inadeguato supporto all'elaborazione del lutto. 

"The Lancet chiede ai sistemi sanitari di contenere gli effetti della morte in utero tramite lacura del lutto e il supporto sociale, compreso il supporto alle donne nel vedere e tenere in braccio i loro bambini e la creazione di ricordi, pratiche che si sono dimostrate utili per accrescere il benessere dei genitori."  Continua Ravaldi "Tutti coloro che lavorano nella sanità e si occupano di nascita a tutti i livelli dovrebbero essere formati su come fornire un supporto rispettoso al lutto dopo la morte in utero, come dopo la morte materna e neonatale, e dovrebbero essi stessi ricevere supporto dopo l'evento (in particolare migliorando le tecniche di comunicazione e mantenendo sempre un approccio empatico nei confronti della coppia)."

3. La maggior parte delle morti in utero sono evitabili attraverso la buona qualità delle cure erogate durante la gravidanza, il travaglio e il parto. Migliorare la cura delle donne in gravidanza inoltre servirà anche prevenire la morte di madri e neonati e migliorare losviluppo psicofisico dei bambini; questo è noto come il "quadruplo guadagno" che si ottiene dagli investimenti finanziari che i governi e i donatori fanno per la salute.

"The Lancet chiede ai sistemi sanitari dei paesi ad elevato reddito di migliorare la salute delle donne fin da prima del concepimento, di personalizzare le cure valutando i fattori di rischio personali e familiari e monitorare l'andamento della gravidanza con particolare riferimento all'ultimo trimestre e alla pianificazione del parto."

4. Le morti in utero devono essere considerate esattamente come le morti neonatali e le morti materne. Attualmente le morti in utero non sono registrate in tutti i paesi, o se registrate lo sono a partire da età gestazionali diverse: questo rende difficile monitorare il numero totale di morti.
"The Lancet chiede ai paesi di istituire appositi registri per le morti materne, le morti neonatali e le morti endouterine, con particolare attenzione alle cause di morte e alle indagini eseguite."

5. La morte in utero colpisce in modo particolare le donne che sono in condizioni sociali o socioeconomiche svantaggiate. Le donne appartenenti a minoranze etniche, le donne povere o disoccupate hanno un rischio più alto, principalmente nei paesi a basso e medio sviluppo, ma anche nei paesi ad alto reddito.
"The Lancet chiede di annullare lo scalino sociale e fare in modo che le donne dei paesi meno sviluppati e quelle che nei paesi ad alto reddito vivono in condizioni più disagiate abbiano lo stesso livello di assistenza delle altre."

6. La morte in utero è spesso una tragedia nascosta. "Lutto fantasma" è un termine utilizzato dai genitori per sottolineare che il lutto perinatale è ancora un tabù, ignorato e scarsamente conosciuto dagli operatori e dai professionisti della salute, dagli altri membri della famiglia e dall'intera società.
"The Lancet chiede che la morte in utero non venga più ignorata dalla società e che il lutto dei genitori venga riconosciuto, compreso e affrontato. Questo lutto è comunemente negato, considerando che il lutto dei genitori dopo la morte del loro bambino non è ancora legittimato o compreso né dai professionisti della salute, né dalle loro famiglie, né dalla società."

7. Le donne che hanno partorito bambini nati morti si sentono spesso stigmatizzate, sole e scarsamente tenute in considerazione dalla società e, in alcune realtà, potrebbero persino essere oggetto di abusi o violenze.
Conclude la dott.ssa Ravaldi "The Lancet chiede che le organizzazioni di genitori lavorino a contatto con gli operatori della salute con lo scopo di ridimensionare lo stigma e abbattere la sensazione di impotenza che ancora oggi fa pensare che la morte in utero non sia prevenibile."

CIaoLapo Onlus

 

Foto dal sito CiaoLapo Onlus

Dr Claudia Ravaldi, MD, MSc
Psychiatrist and Psychotherapist
Lecturer in Psychiatry and Clinical Psychology at Florence University
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