Quando si parla di diseguaglianza di potere a volte si rischia di smarrire ciò di cui stiamo parlando. Il consenso e la scelta vengono deformati, subiscono una sorta di pressione forzata in un contesto disequilibrato: non sono più così chiari e subiscono un condizionamento. Il potere non è solo uno status di superiorità in termini di controllo, di status, gerarchico, di età, di posizione, di genere.

Il potere se lo guardiamo a livello base è la differenza tra una persona che è in uno stato di bisogno, di sopravvivenza, di assenza di alternative percorribili e chi dall'altra possiede la forza "coercitiva" di varia entità, di vario tipo.
Il denaro è una di queste leve.

Strano verificare che per alcune il consenso sia inficiato solo quando si parla di potere maschile a ridosso del caso Weinstein e dintorni. Strano che la stortura la si noti solo ora e non quando si propagandava la magnificenza della "scelta" autodeterminata in prostituzione. Eppure da tempo si parlava di un grave ed evidente affievolimento della libertà di scelta in alcuni contesti, chiaramente ad alto livello di violenza. Strano che oggi si parli di potere e di condizioni di diseguaglianza che rendono consenso e scelte individuali meno libere, anzi vere e proprie lesioni dei diritti fondamentali di un essere umano.

Direi eureka! Ci siamo svegliate dal torpore.
Avevamo bisogno del caso Weinstein per smascherare questa realtà, indicibile e inammissibile anche per tante di noi?

Esattamente come i clienti si sentono in diritto di abusare di una donna, come ogni volta che si tenta un'azione di normalizzazione della violenza sulle donne prostituite, esattamente come ogni qualvolta ogni forma di potere viene esercitata per piegare una donna, per avere accesso al suo corpo, per controllarla e sottometterla.
I modi sono molteplici, ma a monte la mentalità, la subcultura dello stupro e della violenza è la medesima, restano cristallizzati i rapporti stereotipati, i cliché sui ruoli, con i medesimi risultati devastanti per le donne.

Esattamente questa verità abbiamo smascherato: che non può esserci libera scelta, piena scelta se non si hanno alternative di vita, se ci sono diseguaglianze di potere, se l'unica strada a disposizione è vincolata da una situazione di svantaggio, di bisogno, di ricatto, di un potere che tutto può.
Certo ci si può sottrarre, ma nulla è automatico e scontato, nulla è così semplice come appare, dobbiamo pensare che non tutte potranno o avranno la forza di farlo. Sappiamo quanto sia complicato denunciare, affrontare tutto ciò che ne consegue. Troppe sono le variabili e forse occorrerebbe concentrarsi su quel "a monte", su prassi e consuetudini diffusissimi, piuttosto che puntare il dito sulle sopravvissute.

Sarebbe molto più proficuo e andrebbe al cuore del problema. A questo punto non dovremmo più avere difficoltà a capire che non possiamo più separare, discriminare, consentire che porzioni di popolazione femminile siano in qualche modo sacrificabili, non possiamo pensare che per alcune non valga il diritto a una alternativa, al rispetto, all'inviolabilità, a non subire violenza, a non essere molestate.
Se siamo oneste dobbiamo saper guardare a fondo.

Cos'è il denaro se non uno strumento di potere? Tante non possono affermare un pieno consenso, tante devono convincersi che lo sia, tante donne in prostituzione non possono sottrarsi a rapporti indesiderati.

Ci sono tante forme di ricatto, ci sono vari livelli. Ci sono tante forme di dislivelli di potere e tutte portano al medesimo risultato, una inconfutabile violenza, perché c'è stata violazione e manipolazione di una volontà, è avvenuta una sottrazione di un diritto di un essere umano.
Quanta ipocrisia possiamo ancora mettere in campo?
Quanta distanza c'è ancora da colmare sul tema?

Io vedo solo che si continua a rimuovere il vero punto. Siamo qui che segmentiamo e distinguiamo gli ambiti, siamo qui che mettiamo sotto la lente le storie. Basterebbe semplicemente guardare in faccia il fatto che il potere viene esercitato in vario modo, viene ribadito e cerca conferme in ogni modo, con ogni mezzo. Siamo una società che non mostra alcuna intenzione di raggiungere una uguaglianza di fatto. Il senso di impunità, di territori in cui questo può essere esercitato senza limiti e senza rispetto di alcun diritto, è la questione su cui riflettere.
Perché non è circoscrivibile al mondo dello spettacolo o della politica, perché ci sono tantissimi altri ambiti rimasti nell'ombra, in cui le donne si trovano da sole, senza poter sperare che la loro voce e le loro denunce possano avere degli effetti.

In Italia poi abbiamo una consolidata abitudine a voltar velocemente pagina senza aver risolto un bel niente.
Donne che troveranno ancor meno solidarietà di Asia Argento e di Miriana Trevisan, (perché si sa che un po' le donne se la cercano e se le inventano) e che dovranno dimostrare mille volte cosa hanno subito.
Donne che saranno considerate sacrificabili.
Donne che la società ha dimenticato, di serie b, relegate a un livello di diritti umani affievoliti, invisibili.

Non c'è nessun effetto valanga finché distingueremo tra potere, tra contesti, tra donne, tra ambiti, tra uomini. Finché insabbieremo il grosso del problema.

È più facile distinguere per allontanare da noi il problema, per tenerlo a debita distanza. Eppure è più vicino di quanto possa sembrare.
Se il mio agire è in qualche modo limitato, soggetto, indirizzato, condizionato, compresso da una diseguaglianza, da un differenziale di posizione, qualunque essi siano, qualunque sia il potere che agisce per ridurre e limitare le mie possibilità di scelta, di agire, di dissentire, di sottrarmi si tratta di una violenza.

Quale vantaggio personale mai potrà giustificare l'esercizio di un potere che schiaccia e determina una mia subordinazione, la mancanza di rispetto per la mia persona, per i miei diritti, la mia dignità?
Quale scambio vantaggioso potrà consentire di considerare e rendere "normale" trattare una donna come oggetto sessuale a totale disposizione maschile?

Alla base resta un sistema di svantaggi, uno squilibrio di potere, l'agire con strumenti di sopraffazione, la pretesa di un controllo su tutto e tutti, il dominio naturale di un genere sull'altro, di un abuso che approfitta di un bisogno, di una situazione di disuguaglianza di vario tipo, in primis di genere.

Questo sistema agisce in vario modo, indisturbato nella maggior parte dei casi, anche quando sembra aprirsi uno spiraglio e sembra incrinarsi.
Per un esercizio di coerenza non possiamo, non dobbiamo lasciare fuori pezzi di forme di potere, di come questo si esplicita. Non possiamo ignorare quanto siano diffuse le conseguenze negative di questo sistema. Non possiamo pensare che tutte abbiamo la stessa possibilità di difenderci e di trovare vie d'uscita.

Non possiamo far finta di non vedere i vicoli ciechi che chiudono qualsiasi alternativa.
Tutte le volte in cui la scelta è stata una non scelta, ma ci siamo trovate in una strada senza uscita.
A maggior ragione lo squilibrio, il dislivello, la menomazione della scelta consapevole non si può omettere quando si parla di violenze e stupri su minori: occorre evitare certi approcci e narrazioni da parte di alcuni media, soprattutto quando vengono alla luce giri di prostituzione che coinvolgono minorenni.

Non cambia il sistema, non cambiano le relazioni, non c'è mutamento, non cambia l'assetto del potere perché al momento è tutto circoscritto e forse non è un caso.
Non c'è stata una valanga che ha coinvolto tutti i contesti e ha modificato nella pratica gli ostacoli che le donne devono superare quando denunciano una molestia sul lavoro.
È tutto a loro carico e in più hanno ancor meno solidarietà e supporto.

Non è la contingente paura degli uomini di subire qualche conseguenza negativa dal loro agire, certo può servire nel breve termine come deterrente (ammesso che lo sia), ma occorre lavorare su una più profonda presa di coscienza che questo sistema è nocivo per tutti e tutte.

Ho l'impressione che avendo confinato così il problema, non si permetterà di cambiare prassi e immaginario in modo radicale.
Passerà e sarà ricordato come un polverone dello spettacolo con qualche strascico in politica.

La capacità di riabilitarsi di certi soggetti non è da sottovalutare e considerando poi il clima italico non c'è da stare serene e confidare in un cambiamento.
Un po' di luci e poi tutto tornerà a inabissarsi, nell'ombra, per tutti questi soggetti che hanno un'abitudine seriale a questo tipo di assalti sessuali, che continueranno ad avere agibilità sociale, economica, politica, artistica ecc.
Quegli ominicchi resteranno intoccabili.

Non ci deve bastare che le storie vengano alla luce, col rischio che poi tutto passi, senza che nulla cambi davvero. Dobbiamo riuscire ad andare oltre. C'è bisogno di uno scatto in avanti.
Ma a questo punto entriamo nell'ambito dell'azione politica perché per semplificare il percorso delle donne che decidono di denunciare occorre modificare la sostanza dell'impianto attuale.

Inoltre, per modificare la cultura non si può non intervenire in modo sistematico a livello educativo, per correggere i paradigmi del potere e delle discriminazioni sulla base del genere.
Ne siamo capaci?

 

 

Immagine di copertina: Artemisia Gentileschi – La ninfa Corisca e il satiro – coll. privata – © Luciano Pedicini, Napoli

 

Ritratto di Simona Sforza

Posted by Simona Sforza

Blogger, femminista e attivista politica. Pugliese trapiantata al nord. Felicemente mamma e moglie. Laureata in scienze politiche, con tesi in filosofia politica. La scrittura e le parole sono sempre state la sua passione: si occupa principalmente di questioni di genere, con particolare attenzione alle tematiche del lavoro, della salute e dei diritti.