E' una delle prima cose che colpiscono, o, per lo meno, che hanno colpito me appena approdata in Svizzera dall'Italia. Che dalle nostre parti, nonostante il vecchio (e un po' stantio) mito della mamma italica, il mondo non è quasi mai a misura di bambino e, come diretta conseguenza, nemmeno a misura di mamma.

Nei due anni e mezzo trascorsi nel Bel Paese con figlio al seguito ho sempre avuto la sensazione che qualsiasi cosa una persona dovesse fare nella sua vita quotidiana con dei bambini comportasse una fatica doppia o tripla rispetto al dovuto. Credo che gli esempi si sprechino: dai bagni pubblici inestistenti e, in caso di miracolo, rigorosamente privi di fasciatoi e attrezzature dedicate ai più piccoli, ai mezzi pubblici inaccessibili a carrozzine e passeggini, ai ristoranti in cui un baby menù è una chimera e, addirittura, a volte anche il semplice seggiolone è un ricercato speciale.

Addirittura anche nei luoghi appositamente destinati ai bambini, penso agli studi medici dei pediatri o agli ambulatori ospedalieri, spesso non esiste nessun tipo di accorginemento destinato ad agevolare l'accoglienza e la permanenza dei nanetti. Per non parlare, poi, della ormai malcelata insofferenza con cui questi ultimi sono spesso "sopportati" dalle persone che non siano i genitori o parenti stretti. Moti di fastidio e disappunto in metropolitana se occorre far spazio a un passeggino, sconosciuti come marziani i gesti di cortesia quale cedere il posto a sedere ad una mamma con neonato in braccio.

E' stato, dunque, un grandissimo, infinito sollievo scoprire che qui, da questo punto di vista, il mondo gira esattamente al contrario.

I bimbi, di qualsiasi età, sono accolti ovunque senza problemi, con un sorriso, con cortesia e attenzione dedicate a loro. Qui è la regola trovarli dappertutto (e intendo letteralmente dappertutto): dai mezzi pubblici (tram, bus e treni), nei quali è sempre rigorosamente riservato uno spazio dedicato ai passeggini, ai locali in cui è una garanzia il seggiolone e spesso piccole attrezzature (fogli e pennarelli per disegnare) dedicati alla loro permanenza. Tutti gli studi medici, gli ambulatori pediatrici degli ospedali, gli uffici comunali hanno aree gioco, piccole o grandi, con libri, album, matite e giochi da tavolo. I parrucchieri che servono anche i più piccoli hanno spesso un video con cd di cartoni animati per intrattenerli durante le (frequentemente) delicate fasi del taglio capelli. I bagni pubblici si trovano ovunque e le loro condizioni igieniche sono normalmente quasi equivalenti a quelle del bagno di casa mia (a volte pure meglio, confesso), così come sono la regola le aree dedicate al cambio e all'allattamento.

In tutti i quartieri della città, e a breve distanza l'uno dall'altro, sono presenti parchi gioco, di differenti dimensioni e caratteristiche, ma sempre pensati per creare spazi in cui i bimbi possano trascorrere tempo all'aperto senza necessità di spostarsi troppo da casa. Inutile dire che le loro condizioni di manutenzione sono mediamente impeccabili e che il nefasto fenomeno delle cacche di cane è pressoché sconosciuto.

Ma una delle cose che mi ha lasciata davvero senza parole è stata una scoperta fatta all'aeroporto, in occasione di un recente viaggio. Oltre ad essere dotato di una zona dedicata ai servizi per famiglie con bambini (che noi non abbiamo avuto occasione di visitare), tutta l'area di imbarco è dotata di piccole zone gioco (scivolo, cavallo a dondolo, ecc.) che azzerano completamente il disagio delle piccole o grandi attese di salire a bordo ed evitano alla radice gli spiacevoli episodi di capricci, nervosismo e noia che spesso funestano le occasioni di viaggio e vacanza.

E, ancora una volta, passando in rassegna tutto quello che ho raccontato, diventa inevitabile una grande domanda. Non si tratta di soluzioni aliene, così fantasiose o difficili: sono solo il frutto dell'applicazione del buon senso alla vita quotidiana: perchè da noi no?

Ritratto di Carlotta G

Posted by Carlotta G

Da sempre curiosa di altre culture e abitudini, mamma espatriata con famiglia a Zurigo dal (quasi) lontano 2013. Blogger a tempo perso, studentessa suo malgrado di lingua teutonica e insegnante di Yoga, dove finalmente è solo se stessa e prova ogni tanto a indicare anche agli altri la possibilità di essere solo se stessi.
Da secoli si ripromette di scrivere un libro, forse, prima o poi. Non sullo yoga, ma sulla capacità di "vivere altrove". Intanto scrivo della mia vita a nord delle Alpi anche sul mio blog personale La vita a modo mio