Potrei far risalire il mio "giorno zero" a una sera d'estate di alcuni anni fa, mentre, insieme al marito, ero di ritorno da una vacanza al mare. Eravamo all'aeroporto, in attesa dell'apertura del check in del nostro volo e, più o meno per ingannare l'attesa, ci mettemmo ad osservare un curioso fenomeno.

Due file a confronto: quella per Milano Malpensa (la nostra) e quella per Amsterdam. Due mondi, due universi paralleli che non si sarebbero incontrati mai. La fila italiana era tutto fuorchè definibile ragionevolmente come "fila". Esseri umani accalcati gli uni sugli altri, insieme a bagagli da spingere, carrelli da tirare e passeggini con nanetti delle più diverse età, costantemente disperati, piangenti ed urlanti. In quanto ad Amsterdam, nulla di che riferire: una perfetta linea retta, ordinata e silenziosa che comprendeva al suo immobilissimo interno nutrite schiere di bambini, nei rispettivi passeggini o in braccio e a mano dei genitori. Ordinati, sereni e silenziosi. 

Non avevo ancora figli all'epoca, né pensavo di averne, ma la domanda sorgeva spontanea come il sole in agosto: perché?!

Ora che mi trovo a vivere in un Paese straniero, non l'Olanda, ma la "civilissima" Svizzera, devo ammettere che, da questo punto di vista, il migliore stereotipo circa l'integerrimo comportamento dei bambini non italici è pienamente confermato.

In questi giorni di calda estate - anche qui, finalmente! - trascorriamo parecchio tempo all'aperto e tra parchi, piscine, visite allo zoo, pic nic sul prato e spuntini fuori casa le occasioni per osservare scientificamente il comportamento dei piccoli teutonici si moltiplicano. Io, da mamma italiana, mi sento quasi sempre uno schifo e mi seppellirei volentieri per la vergogna. L'ho dichiarato pubblicamente un paio di giorni fa e qui lo ribadisco senza problemi.

Io non so come facciano, ma con qualche (rarissima!) eccezione la capacità di questi genitori di gestire i figli è impressionante. Vedo bimbi neonati (e per neonati intendo nati da poche settimane, quando non da pochi giorni) viaggiare in tram, nella carrozzina o nel marsupio, così come fare bagni in piscina come fossero nati per quello. Vedo bambini molto piccoli, anche sotto l'anno di età, mangiare tranquillamente seduti a tavola i loro piccoli pezzi di cibo, insieme ai genitori, ai fratelli, agli amici. Rarissimamente ho assistito a capricci, raramente a pianti disperati. Qualche lacrima che si risolve rapidamente e in modo indolore.

Ieri ho trascorso praticamente tutta la giornata in piscina con mio figlio. Approfittando del suo sonnellino, senza il quale mi sarei arresa e sarei rapidamente rientrata a casa dopo pranzo, osservavo il mondo che mi circondava.

Immaginate una piscina per bambini (di quelle con dieci centrimetri di acqua, scivolo, spruzzi e fontanelle), in un bellissimo giardino. Immaginate una calda giornata di fine luglio quando gli asili nido sono ormai quasi tutti in vacanza. Immaginate un biglietto di ingresso praticamente gratuito (meno di cinque euro), il parco giochi a disposizione, il bar-fast food, il fresco degli alberi. Immaginatelo in una città italiana medio-grande. Immaginate una densità "abitativa" del prato di una famiglia con bambini ogni due metri quadri.
Immaginate: e vedrete l'anticamera dell'inferno. Non qui.

Ho ancora con me l'immagine di questa bellissima donna, coi capelli lunghi ramati, un cappello di paglia e un bel costume, gli occhiali da sole: una specie di Gisele con solo qualche anno in più. Sul bordo piscina, rilassata e sorridente, che guardava i suoi tre figli (il più grande di 4 o 5 anni) giocare nell'acqua. Nessun grido, nessuno schiamazzo. Solo bambini che giocano, persone che ridono e sorridono godendosi il sole, l'acqua, l'estate.

E io, con incommensurabile invidia, a chiedermi fino alla sfinimento: perché?

Perché NOI non ne siamo capaci???

 

Ritratto di Carlotta G

Posted by Carlotta G

Da sempre curiosa di altre culture e abitudini, mamma espatriata con famiglia a Zurigo dal (quasi) lontano 2013. Blogger a tempo perso, studentessa suo malgrado di lingua teutonica e insegnante di Yoga, dove finalmente è solo se stessa e prova ogni tanto a indicare anche agli altri la possibilità di essere solo se stessi.
Da secoli si ripromette di scrivere un libro, forse, prima o poi. Non sullo yoga, ma sulla capacità di "vivere altrove". Intanto scrivo della mia vita a nord delle Alpi anche sul mio blog personale La vita a modo mio