Il parto fa paura. Sin dalla nostra infanzia, le nostre nonne e le nostre mamme ci hanno tramandato un’immagine quasi drammatica del parto, raccontandoci che non esiste niente di più doloroso che dare alla luce un figlio; e così l’immagine del parto che è stata tramandata nei secoli è saldamente legata al concetto di sofferenza…quasi sulla scia dell’antica profezia biblica “Tu, donna, partorirai con dolore”!

Ma da quando la medicalizzazione della nascita ha portato con sé anche una magia chiamata “epidurale”, l’animo inquieto della mamma che si appresta a partorire si placa. La partoanalgesia è ormai ampiamente diffusa  e spesso tantissime donne  decidono di  usufruirne, fermamente convinte, addirittura ben prima del concepimento!

L’esperienza di parenti e amiche, un’idea generale sull’argomento, la paura di affrontare il dolore del parto spingono la donna che teme di soffrire a scegliere indubbiamente l’anestesia epidurale, senza aver prima valutato altre possibilità (come l’analgesia naturale) o comunque essersi informata in maniera approfondita.
E’ importante, infatti, informarsi in prima persona, per valutare i benefici e i rischi che la partoanalgesia comporta e soprattutto scoprire l’importanza del significato del dolore, quale componente fondamentale del parto.

L’analgesia epidurale (o peridurale) si realizza con un’anestesia loco-regionale, mediante posizionamento di un catetere nello spazio tra le vertebre e la somministrazione di un farmaco che addormenta solo una parte del corpo, con il vantaggio che vengono perseverati lo stato di coscienza (e quindi lo stato vigile) e il momento dell’accoglienza del bambino. Il blocco nervoso che ne deriva, annulla quasi del tutto la percezione dolorifica ma non la sensazione delle contrazioni e di discesa del bambino, che si fa più intensa con il progredire della fase espulsiva.  

La sensazione di sollievo che ne consegue è indiscutibile e permette alla futura mamma di riposare e tranquillizzarsi,  ma come ogni procedura medica può presentare dei rischi da non sottovalutare e di cui tener conto. Può accadere, infatti, che si prospetti la necessità di un parto operativo o addirittura un taglio cesareo,  a causa di un rallentamento della progressione del bambino, una diminuzione della contrattilità dell’utero o di un rallentamento della frequenza cardiaca fetale.

Al di là di questi aspetti puramente clinici che, sebbene favoriti dall’anestesia, potrebbero verificarsi comunque, la riflessione più grande deve essere rivolta al significato del dolore del parto, un dolore particolare perché è l’unico che non indica patologia, ma energia.
Volerlo sopprimere senza aver prima compreso la sua importanza, preclude la possibilità di rendersi pienamente conto del miracolo che si sta compiendo, e, in un certo senso, “intralcia” il cammino psicofisico che conduce alla consapevolezza del passaggio dall’essere figlie e donne, all’essere madri, e alla separazione dal bambino che costituiva parte del proprio corpo.

Il dolore assume il significato di “punto di snodo” tra due esperienze distinte e costituisce elemento centrale della trasformazione.
E’ un dolore fortissimo, ma è l’unico che permette di ancorarsi alla propria essenza più primitiva, di abbandonarsi al proprio inconscio per riscoprirsi poi diverse; esso costituisce la chiusura di un cerchio che comincia con il concepimento e termina con la piena coscienza del fulcro centrale dell’esperienza della gravidanza e del parto: la nascita del proprio figlio e, con essa,  la propria rinascita.

Daniela Santoro

 

Immagine tratta dal sito www.awakenlight.org

Ritratto di Daniela Santoro

Posted by Daniela Santoro