Il cibo di Natale

Immaginatevi in un mondo di qualche secolo fa, dove il massimo della luce è il fuoco delle torce. Dove l’inverno è lungo e buio e c’è il dubbio che potrebbe non finire; dove la vita è strettamente legata alla produzione della terra.

Viene spontaneo associare la nascita di Gesù, "sole" del nostro animo, con la rinascita del Sole che allunga di nuovo le giornate, ricominciando il ciclo vitale, proprio a partire dal 20 dicembre.
E’ quello che ha fatto la Chiesa, facendo coincidere il Natale con la festa già esistente del "Sole Invitto" romana, in modo che la nuova (ai tempi) religione fosse più facilmente accettata.

L’aspetto spirituale si trasferisce al materiale conferendo al cibo importanza rituale. La mangiata della Festa, in periodi in cui il cibo quotidiano era scarso di quantità e varietà, è esternazione di devozione, ringraziamento, apprezzamento di "avercela fatta" ancora una volta. 
Nel Medioevo sarebbe stato poco devoto non abbuffarsi nella Festa religiosa e per il ricco non riservare una parte del pranzo ai poveri del paese.

Cosa rimane di tutto questo, in un’epoca in cui si mangia sempre, ciò che si desidera e troppo?
Restano dei simboli. La cena della vigilia avrebbe propositi di purificazione, consumando infatti pesce e piatti con pochi grassi animali, in attesa dell'"evento". Natale è il giorno del pane – Bethlem in ebraico è <casa del pane> - che è simbolo di ringraziamento e di devozione.

Ricordiamo che i cereali sono stati per secoli il principale nutrimento della gente.
Il pane della festa deve essere speciale, ricco, alto.

A noi resta il Panettone, come esempio moderno ed un bel po’ stravolto da ingredienti ben poco votivi. Ma qualche simbolo resta: pinoli, uvette, canditi, frutta secca, spezie, zucchero, miele, sono componenti, a quei tempi, preziosi e costosi.

Sono inoltre ingredienti di grande nutrimento zuccherino, ricchi di minerali e vitamine, utilissimi in periodi di scarsità di cibo fresco, di assenza di riscaldamento, di grande fatica fisica; per noi sono spesso solo fonte di ansia da calorie.

Un altro valore simbolico si trova nei chicchi, nei semi. Avere in questo periodo a disposizione cereali, legumi, semi oleosi (noci, nocciole, ecc) significava essere stati buoni contadini e perciò avere qualcosa da piantare per la prossima stagione; il che significava avere una promessa di cibo, avversità metereologiche dettate da Dio permettendo. Ecco perché in questo periodo portano bene i chicchi.

Eccovi allora una mia idea di menù beneaugurale al 100% :

  • aperitivo con olive
  • insalata trevisana con noci e parmigiano
  • minestra di orzo con piselli
  • risotto con melagrana (succo in cottura e grani messi alla fine)
  • cappone ripieno di castagne e frutta secca oppure arrosto di maiale con uva e prugne
  • lenticchie in umido
  • aspic dolce (con il moscato) di uva e frutti di bosco
  • pandolce genovese; oppure torta di pinoli o altro seme

E auguri a tutti di Buon Natale!

 

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