Una amica ci ha chiesto come mai per le coppie in attesa di adozione nazionale o adozione internazionale, passa così tanto tempo dalla domanda all'arrivo del bambino. Abbiamo chiesto a Fabio Selini di risponderle.

Quello della lunga attesa, nel percorso di adozione, è uno dei problemi più sentiti e sofferti da parte di molti genitori adottivi e risulta addirittura incomprensibile da chi vive questa vicenda dall’esterno.

Ci si stupisce (a ragione) delle lungaggini burocratiche che prolungano incredibilmente un iter che dovrebbe essere finalizzato alla salvaguardia e ai diritti dei bambini. “Ogni bambino ha diritto ad una famiglia” recita un diritto fondamentale dell’infanzia ma, questo principio essenziale, spesso viene disatteso dagli organi stessi preposti a farlo rispettare.

I tempi d’attesa infiniti sono frutto di una serie di variabili impazzite che si mescolano divenendo un orribile mix di situazioni irragionevoli, documenti folli, ostacoli spesso difficili da valicare quanto incomprensibili da capire.

Per quanto riguarda l’adozione internazionale (quella nazionale è quantomeno improbabile) ci sono tempi d’attesa per l’istruzione della “pratica” che spesso non vengono rispettati, ci sono indagini dei servizi preposti che a volte durano oltre il consentito, ci sono attese per l’ottenimento dell’idoneità, ci sono mesi passati alla ricerca di associazioni autorizzate che accettino il “mandato” e poi c’è l’attesa infinita che spesso dura anni di un “abbinamento” al proprio bambino.

A volte capita che anche dopo questo passo fondamentale la coppia (e quel che peggio il bambino) debbano aspettare ancora mesi prima di incontrarsi e vivere finalmente come una famiglia nella propria casa.

Qualche “esperto” sostiene la tesi che l’ATTESA serva per rendere le persone più coscienti e mature, permetta alle coppie di valutare pienamente la propria scelta. Il tempo come valore assoluto, come metodo didattico.

Sono anch’io dell’avviso che l’adozione (come del resto la genitorialità in generale) non possa essere frutto di superficialità e debba essere frutto di un cammino di consapevolezza. Il tempo aiuta senza dubbio i processi di crescita e di preparazione, ma quando l’attesa diviene infinitamente lunga ed insopportabile si trasforma solamente in “tempo della sofferenza”.
Sofferenza per i genitori e per i figli che aspettano.

Ancora oggi a distanza da quasi cinque anni dall’incontro con la mia meravigliosa bimba, mi domando a cosa sia servito stare lontani per quasi tre anni, che senso abbia avuto per mia figlia crescere in un istituto piuttosto che in una famiglia, quale arcano e bizzarro principio abbia stabilito la nostra lontananza.

Molte cose in ambito adottivo non funzionano e questo a danno principalmente dei bambini ed in seconda battuta dei genitori che aspettano.
Spesso a tutto questo non c’è una ragionevole spiegazione quanto piuttosto una cocciuta volontà “politica” di non prendersi carico del problema. Velocizzare le pratiche burocratiche si può e si deve fare, rendere più efficienti gli accordi internazionali per l’adozione è esercizio possibile.

La voce dei genitori adottivi è spesso troppo sottile (e spesso troppo garbata, dico io) per essere ascoltata in un panorama chiassoso come quello della politica; difficile farsi ascoltare ed ancora più complicato ottenere.

Ci sono persone, che sebbene non coinvolte nell’iter adottivo, si chiedono il senso di questa lunghissima attesa: sono un modo garbato ed educato di provare a darsi spiegazioni e tenere vivo un argomento che coinvolge migliaia di bambini e genitori. Parlarne è necessario se non addirittura vitale.

Ben venga l’interesse di persone che chiedono il motivo (ed il senso) di quello che accade in questo ambito. Spesso le coppie adottive vivono in solitudine questo cammino racchiuse nella loro sofferenza mista alla incrollabile speranza.

Sono persuaso della necessità della testimonianza diretta e dell’importanza di continuare a porre attenzione a questo straordinario argomento (io lo faccio spesso incontrando coppie adottive e persone comuni).

Un cammino di gioia (cosa c’è di più gioioso di accogliere un bimbo?) si trasforma spesso in percorso ad ostacoli sofferto e faticoso che poco ha da spartire con i sentimenti di amore ed accoglienza che permeano l’anima dei protagonisti.
Parliamone, parliamone e parliamone ancora.

Un abbraccio a tutte le coppie che attendono il loro bambino.
Resistete, io tifo per voi!

Nota: Articolo di Fabio Selini, padre adottivo e nuovamente aspirante padre adottivo (in attesa del secondo figlio che “arriva da lontano”)
Fabio è anche autore di
Il padre sospeso, storia di un'adozione raccontata da un papà (Casa Editrice Mammeonline)
La storia del piccolo seme, del bruco e della formica (una fiaba per raccontare ai più piccini l'adozione) - Casa dell'Amico Edizioni

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