Il neonato ha un’apparenza fragile. Molti genitori sono frenati dal suo aspetto quando debbono manipolarlo anche semplicemente per provvedere al cambio del pannolino o alla medicazione del cordone ombelicale o ancora al bagno serale.
La realtà è ben differente. L’elasticità delle articolazioni e l’ossificazione ancora incompleta rendono il neonato molto resistente alle sollecitazioni fisiche.

Basta solo pensare attraverso cosa debbono insinuarsi per nascere: un canale la cui dilatazione massima è di circa 12 cm (praticamente il diametro biparietale del feto a termine) e che costringe tutte le strutture (spalle, anche, ecc.) ad adattarsi e sgusciare più che semplicemente passare.
Questo dato di fatto già ci dice molto: la manipolazione del neonato può essere attuata con serenità e senza particolari timori (naturalmente rispettando le regole del buonsenso).

Ulteriore dato a nostra disposizione per ciò che attiene a questo momento della vita è la cenestesi: la sensibilità cutanea del bambino è ben sviluppata ed egli è in grado di apprezzare e trarre beneficio da un’opportuna e razionale stimolazione. Nell’utero il feto è in posizione raccolta, le cosce sono flesse sull’addome e le gambe sulle cosce; le braccia godono di una relativa maggior possibilità di movimento ma comunque limitata dal piccolo spazio che intercorre tra il mento e le ginocchia. La colonna vertebrale è ricurva. Una volta che il piccolo sia nato l’estensione della colonna e la liberazione degli arti dalla posizione obbligata lo rendono non solo capace di compiere movimenti spazialmente più ampi, ma anche voglioso di porli in atto. La “nostalgia” (se vogliamo chiamarla in questo modo) per l’utero, però, permane. Trovare (ad esempio) resistenza all’estensione degli arti inferiori, percepire, a livello del rachide, il confortante massaggio della parete uterina, ecc., sono stimoli che vengono apprezzati anche dopo la nascita.
Su questa base nasce un programma di sollecitazione motoria che ho messo a punto e del quale fornirò indicazioni nei paragrafi seguenti.

LA GINNASTICA
A cosa serve la ginnastica in un neonato? In fondo è un esserino che dorme quasi tutto il giorno, succhia il seno, fa qualche piccolo versetto, talora piange….ma in definitiva è più passivo che attivo. Anzi: la sua passività ci invita (mettendo in conto la sua teorica fragilità) a lasciarlo in pace il più possibile.
Ebbene: il neonato è dotato di strutture muscolari, di connessioni neuromuscolari, di competenze motorie che hanno il diritto di essere messe in funzione.
Si ottengono enormi vantaggi da questo atteggiamento. Il primo di questi è indubbiamente quello di permettere al bambino di utilizzare al meglio gli elementi proteici ed energetici della dieta. La sollecitazione delle strutture muscolari favorisce l’apposizione di calcio alle ossa e lo sviluppo congruo del tono muscolare, in particolare per ciò che attiene ai gruppi dei muscoli antigravitari (arti inferiori e colonna vertebrale, nonchè i muscoli del collo). Inoltre certi movimenti specifici (che illustrerò di seguito) hanno lo scopo di incrementare la curiosità nei rapporti con l’ambiente. Infine la tonificazione di determinati gruppi muscolari da origine ad una maggior rapidità nell’acquisizione di alcune competenze (ad esempio la deambulazione, la manipolazione, ecc.).
L’esperienza da me maturata in questo campo mi ha portato a selezionare, tra i tanti movimenti possibili, tre esercizi in particolare. Sono estremamente semplici, poco impegnativi sia per il bambino che per i genitori e possono essere applicati anche più volte al giorno a patto che il tempo impiegato per ogni gruppo di esercizi non sia superiore ai 3-4 minuti per volta. In genere è meglio effettuare le serie all’atto dei cambi di pannolino (quindi almeno 6-7 volte al giorno), quando il bambino è sicuramente sveglio e partecipe. Man mano che il bambino cresce il tempo impiegato per gli esercizi aumenterà (8-10 minuti per volta) mentre diminuiranno le volte in cui verranno effettuati (2-3-4 volte al giorno).
Il primo esercizio riguarda gli arti inferiori. I muscoli impegnati sono prevalentemente quelli della coscia (in particolare il quadricipite femorale ed il tricipite femorale).
Il genitore porrà le palme delle mani a contatto con le piante dei piedi del piccolo. L’esercizio consiste nello spingere con le mani le gambe del bambino verso l’addome del bambino stesso, opponendo una lieve resistenza nel momento in cui questi tenta di estendere gli arti inferiori. Le prime volte sicuramente sarà necessario esercitare una pressione “vibrata” verso l’addome, cioè non premendo semplicemente ma esercitando una spinta a scatti in modo da stimolare nel bambino una reazione (Figura 1)

Ginnastica del neonato, fig. 1Ginnastica del neonato, fig. 2

Il secondo esercizio è volto alla stimolazione ed alla tonificazione dei muscoli dell’arto superiore (bicipite in particolare), dei muscoli laterali del collo e dei retti addominali. Il genitore afferrerà delicatamente le mani del bambino e simmetricamente lo solleverà fino ad un’angolazione di 30° per poi, lentamente, farlo ritornare alla posizione di partenza. Occorrerà, nei primi 2 mesi di vita, fare attenzione al cranio, dato che il sollevamento del bambino dal piano di appoggio, provoca in questa fascia d’età la caduta indietro della testa. I movimenti dovranno essere quindi commisurati, in quanto a rapidità, al progredire della tonificazione dei muscoli laterali del collo. Si consiglia di procedere sempre lentamente e di fare l’esercizio 5-6 volte di seguito, più volte al giorno (Figura 2)

Il terzo ed ultimo esercizio consiste nel porre il bambino a pancia in sotto e nello stimolarlo a sollevarsi sulle braccia o comunque nell’inarcare la schiena. Nei primissimi giorni o comunque nel primo mese di vita questo esercizio non avrà quasi alcun esito. Il bambino presumibilmente, però, non amerà rimanere in questa posizione e, di sua spontanea volontà, inizierà a compiere movimenti di “disimpegno” che consistono nel tentare di cambiare assetto. Dapprima si limiterà a cercare di voltare la testa, poi la solleverà dal piano e guarderà in avanti, infine solleverà tutta la parte alta del busto facendo forza sia sui muscoli paravertebrali e del collo, sia sui muscoli degli arti superiori. Per l’efficacia di questo piccolo esercizio (e per osservarne risultati apprezzabili) occorrerà relativamente più tempo rispetto agli altri due esercizi descritti. (Figura 3)

      

Nota: Articolo del dr. Dr. Stefano Tasca, Roma, Aprile 2002
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